Sito: http://www.anisn.it/appello

 

Cultura scientifica e formazione

 

E. Aquilini

Vicepresidente DD-SCI

 

 

Una migliore e più approfondita cultura scientifica è, in questo periodo storico, centrale per la formazione, perché fornisce gli strumenti per la comprensione di aspetti fondamentali del mondo che ci circonda. I modi di vivere sono legati alla scienza e alla tecnica sempre più sofisticata, specialistica e incomprensibile ai più.

C’è stata l’illusione che usufruire degli effetti della scienza e della tecnologia equivalesse al dominio della ragione, della razionalità, sull’ignoranza e il pregiudizio. La scienza ha contribuito a migliorare le condizioni di vita delle persone, ha facilitato le comunicazioni, ha aumentato il benessere materiale. Tuttavia ciò non si è automaticamente tradotto in apertura mentale perché la scienza è rimasta fuori dell’orizzonte culturale della grande maggioranza degli individui. Gli oggetti, i prodotti della tecnica e della tecnologia sono scatole magiche a cui diamo un nome , ma a cui non facciamo corrispondere nessun significato reale.

Quindi, per l’uomo di oggi, c’è necessità di ristabilire i confini fra scienza e tecnica, comprendere i legami e le differenze. E’ importante capire, attraverso lo studio, della chimica, della fisica, della biologia come nascono le idee, come si sviluppa il pensiero scientifico, non per poter capire “tutto” ma per avere l’idea che il mondo della scienza e della tecnologia ha reti logiche che possono essere ritrovate quando ci si avvicina ad uno studio specialistico. Non è possibile sapere tutto ma è possibile in questo modo capire che non viviamo in un mondo fatto di cose e fatti incomprensibili interpretabile con un pensiero magico, irrazionale.

 Quando sono entrate a far parte del concetto di cultura le discipline scientifiche?

Al termine cultura si danno due significati fondamentali. Il primo è quello che si riferisce alla singola persona umana e significa formazione dell’uomo,il secondo è quello che si riferisce al prodotto di questa formazione, cioè l’insieme dei modi di vivere che si indicano con il nome di civiltà.

Il significato che lo associa alla formazione corrisponde a ciò che i Greci chiamavano paidéia e i latini humanitas. Le buone arti che erano in grado di formare erano la poesia, l’eloquenza , la filosofia. Erano esclusi le arti e i mestieri e in generale il lavoro manuale.

Il primo tentativo di eliminare il carattere aristocratico della Cultura fu fatto dall’Illuminismo. Fu proposta la massima diffusione della cultura a tutti ritenendola strumento di rinnovamento sociale. L’Enciclopedia francese fu la massima espressione di questa seconda tendenza (rendere universale la cultura).

Contemporaneamente le nuove discipline scientifiche che si andavano formando e acquistavano autonomia apparivano nuovi elementi costitutivi dell’ideale culturale. Il concetto di Cultura. cominciò a significare “enciclopedismo”cioè conoscenza generale ma sommaria di tutti i campi del sapere.

Dall’inizio del ‘900 si è avvertita l’insufficienza di questo ideale enciclopedico.

Prima fra tutti la critica di Croce che criticava la perdita della Conoscenza all’affermarsi del positivismo, a scapito di tante conoscenze che comprendevano anche le scienze naturali e la matematica.

Per Croce il rimedio era rappresentato dallo studio della Filosofia e della Storia.

Sappiamo tutti che successivamente si sono moltiplicati i campi del sapere, la specificità e la specializzazione richiesta agli individui e che l’ideale classico e aristocratico della cultura non è più proponibile. Dall’altro lato sarebbe ugualmente inutile ignorare o minimizzare i difetti di una cultura ridotta a puro addestramento tecnico.

Nasce l’esigenza di conciliare le esigenze della specializzazione e contemporaneamente di avere una formazione umana equilibrata.

In che senso si può parlare di “cultura generale” ?

E’ condivisibile quanto sostiene Abbagnano e cioè che la cultura generale non si può avere proponendo l’accostamento di tutte le discipline o attribuendo il valore della cultura generale soltanto alle discipline umanistiche, dal momento che anche loro hanno il problema della specializzazione. Non si può neanche pensare che per cultura generale s’intenda una serie di nozioni superficiali. “Le idee generali che l’uomo colto rielabora autonomamente devono essere formate in un tipo di educazione che comporti la considerazione storico umanistica del passato, lo spirito critico sperimentale, l’uso disciplinato delle astrazioni proprio della filosofia”.

 

Il compito della scuola è di avvicinarsi a questa idea di formazione.

 

L’insegnamento scientifico attuale mi sembra che sia più vicino all’enciclopedismo dell’Illuminismo; si fa di tutto per abbracciare una grande quantità di nozioni: riportando nelle scuole medie superiori e inferiori, nelle elementari la specializzazione dell’Università ridotta in pillole e banalizzata.

L’analisi di Kuhn nel libro “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” è significativa.

Il risultati sono che alla fine della scuola secondaria superiore, la maggioranza degli studenti possiede un'immagine ottocentesca della scienza: la scienza come certezza dogmatica.

L’insegnamento scientifico di cui c’è bisogno per capire, per formarsi idee su quello che è la scienza, per essere critici e razionali è quello in cui lo studio viene contestualizzato dal punto di vista storico ed epistemologico, in cui si vede come sono nati i problemi e come sono stati risolti.

 La cultura scientifica delle università è distante dal senso comune anni luce, e nell’insegnamento attuale, questa distanza non viene diminuita in alcun modo, anzi tale distanza viene accentuata perché non c’è gradualità nel passaggio dalle concezioni di senso comune dei fatti ai significati oggi accreditati dalla spiegazione scientifica. Il senso, che noi diamo ai fatti continua spesso ad essere quello di senso comune che a volte è più vicino alla magia che non ad altro, perché la distanza con il significato è troppo grande. L’avvicinamento, il passaggio dal senso comune alla scienza spetta soprattutto alla scuola. Ci vuole gradualità, in modo che l’astrazione dei concetti sia raggiunta a piccoli passi, e in ogni passo si instauri un equilibrio fra l’astrazione e la concretezza. La concretezza non può essere sempre riconducibile al percettivo e al manipolabile (può esserlo per le definizione operative), però deve essere sempre collegata ad una operatività della mente che al momento, in quello stadio, si padroneggia. Il concetto “più astratto” non può essere troppo distante, altrimenti ci si scollega dall’apprendimento e le parole perdono di significato.

 Se non c’è l’interazione necessaria, le parole vengono sganciate dai fatti, non costituiscono e strutturano il significato stesso dei fenomeni, ma vengono a rappresentare un “verbalismo”, che si traduce in un vuoto conoscitivo.

Il problema dell’insegnamento è questo accesso ai significati dei concetti scientifici disciplinari e ciò riteniamo sia possibile conferendo ad essi un’organizzazione adatta che non prescinda da considerazioni storico-epistemologiche. Tale operazione deve essere preceduta dalla individuazione dei concetti più importanti della disciplina sia in relazione alla sua organizzazione specialistica attuale che alle strutture cognitive dello studente, che alle sue concezioni di senso comune.

La scuola deve partire dalla considerazione che i concetti scientifici sono stratificati.

Per esempio il concetto di acido contiene tante teorie, dalla più antiche alle più moderne . E’ ovvio che le spiegazioni più moderne superano e contengono maggiore scientificità “accreditata” di quelle vecchie, ma ha significato proporre ai bambini della scuola media il concetto di acidità di Lewis o di Broensted? Quale comprensibilità hanno queste teorie?

Non ha più senso forse parlare di acidi come sostanze aggressive che hanno la capacità di sciogliere quello che non scioglie l’acqua , agganciando l’idea che hanno tutti di queste sostanze per poi però fare un salto in un concetto che è fondamentale per la chimica, quello di trasformazione ?

Alle scuole medie superiori si potrà ripercorre la storia degli acidi e delle basi con i significati e le spiegazioni che ne dava Lavoisier e poi che ne danno gli altri scienziati.

 

Non è con la carrellata dei risultati definitivi che si fa formazione.

E’ l’adeguatezza dei contenuti disciplinari ai livelli cognitivi, che rende comprensibile e accattivante un argomento di studio. E’ anche la scelta dei contenuti stessi, non trascurando ma evidenziando la problematicità.

 

Come può quindi la scuola veicolare la cultura scientifica?

 

 Ogni disciplina scientifica si definisce con lo studio di fenomeni, le leggi macroscopiche, le leggi microscopiche, il linguaggio. La comprensione di questi termini necessita della conoscenza dei loro fondamenti epistemologici, della loro storia. Il linguaggio della disciplina, in particolare, rispecchia e contiene tutto questo. Prendere il considerazione il linguaggio scientifico significa allora prendere in esame contemporaneamente l’organizzazione dei concetti disciplinari (quelli che ne costituiscono l’attuale statuto), poiché considerare i due aspetti separatamente vorrebbe dire contribuire a quella scissione di significati che è purtroppo in atto nella scuola italiana da molto tempo. Ad esempio, la chimica è mediamente recepita a livello di scuola media superiore, come una serie di nomi di composti, di cui spesso si ignora tutto dal punto di vista del comportamento chimico; ogni parola è scollegata dal suo significato reale e imparare la nomenclatura è una specie di gioco in cui contano regole verbali, “grammaticali” (la conoscenza concreta della reattività dei composti che dà un senso ai loro nomi spesso è totalmente ignorata). Il linguaggio, è uno dei fattori fondamentali della disciplina, ma nell’insegnamento dovrebbe essere sempre espressione di contenuti chiari, compresi, assimilati perché se ne conosce la storia, il contesto in cui sono nati, la loro eventuale osservabilità o riproducibilità sperimentale. Il linguaggio, nei vari livelli scolari, dovrebbe essere espressione della consapevolezza.

L’organizzazione dei concetti deve essere, infatti, diversa nella scuola di base e nella scuola media superiore . Anche se l’argomento di studio è sempre quello dei fenomeni naturali, nella scuola di base essi devono essere scelti fra quelli “non troppo carichi di teoria” e le attività principali saranno quelle di osservare, descrivere, confrontare , per cogliere delle regolarità, non per ri-scoprire delle leggi. L’organizzazione dei concetti scientifici nella scuola di base e nella scuola superiore deve essere diversa e tale distinzione deve basarsi principalmente su considerazioni riguardanti la psicologia evolutiva. I riferimenti sono Bruner , Piaget e Vygotskij.

 Il linguaggio viene utilizzato per concettualizzare le acquisizioni che seguono a queste prime operazioni di tipo scientifico. Lo scopo è anche quello, trasversale a tutte le discipline, di potenziare le competenze linguistiche, essenziali per la conoscenza.

L’operazione di contestualizzazione storica nello studio delle leggi “macroscopiche” e “microscopiche” che permettono l’interpretazione dei fenomeni riguardano la scuola media superiore. Il significato di un fenomeno viene così fissato nel linguaggio.

Vorrei fare un piccolo esempio dell’immagine della scienza che passa attraverso il senso comune:

alla radio ho sentito questa frase “Sono prodotti biologici senza sostanze chimiche”. La frase non ha bisogno di commenti: c’è il bene del biologico, c’è il male della chimica ed è assente il concetto di sostanza. La necessità di aggiungere l’aggettivo “chimiche”, la dice lunga. Per Aristotele la sostanza era “’essenza necessaria delle cose”, e credo sia questo ciò che ha in testa chi ha detto la frase alla radio, questa penso sia l’idea della maggior parte delle persone.

D’altra parte il concetto di sostanza deve essere costruito con lentezza e pazienza, non passando dai miscugli ai composti in tre lezioni, come viene fatto di solito nella scuola media superiore. Come dice Bruner nel suo ultimo libro dal titolo “La fabbrica delle storie”, la realtà deve essere costruita.

Ci vogliono tempi lunghi e verticalità del curricolo per arrivare a formare questi concetti per nulla banali.

Noi vorremmo un quadro normativo che desse la possibililità di realizzare quanto detto, che permettesse alle discipline scientifiche di essere formative a tutte le età, in modo che si possa parlare effettivamente di cultura scientifica.